Recordati vuole il delisting ma costa troppo

Un recente studio dell’Università Bocconi di Milano ha evidenziato come le società quotate incrementano Pil e occupazione, motivo per il quale dovrebbe essere maggiormente favorito l’ingresso in Borsa da parte delle aziende che ancora non figurano nell’elenco.

Nonostante questo, tuttavia, per le aziende italiane la quotazione sul listino milanese pare non sia conveniente. Ad affermarlo, senza mezzi termini, è stato nel corso di un’intervista a CorrieEconomia Giovanni Recordati, secondo cui in Italia essere quotati in Borsa non aiuta, per cui se avesse dovuto decidere ora se quotarsi o meno probabilmente non lo avrebbe fatto.

DIVIDENDO RECORDATI 2012 ESERCIZIO 2011

In quasi 30 anni di permanenza sul listino milanese, infatti, gli unici vantaggi che il numero uno dell’azienda riesce ad intravedere sono una maggiore visibilità e trasparenza. Ma allora perché non uscire definitivamente da Piazza Affari? Recordati ha spiegato che l’unico motivo è l’eccessivo costo, dal momento che il delisting costerebbe ben 600 milioni di euro. Se la cifra non fosse così alta di sicuro l’azienda non sarebbe più presente sul listino milanese.

MIGLIORI DIVIDEND YIELD 2013

Il problema principale per Recordati è il fatto che l’andamento del titolo non rispecchia lo stato di salute dell’azienda. Nonostante i conti vadano piuttosto bene, infatti, nel corso dell’ultimo anno il titolo ha perso quasi 30 punti percentuali, un risultato negativo anche se comunque migliore di quello dell’indice Ftse Mib, che nel periodo in esame ha perso il 36,4%.

Questo nonostante la società goda di buona salute: il primo trimestre dell’anno è stato archiviato con un utile netto in crescita del 7,5% a 33,8 milioni di euro, ricavi in crescita dell’11% a 219,6 milioni e una posizione finanziaria netta negativa per 54,1 milioni ma comunque relativa ad un patrimonio ampio, pari complessivamente a 630,2 milioni.