Diversificazione valutaria scelta perdente negli ultimi 12 mesi

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Chi avesse puntato buona parte delle proprie fiche su valute diverse dall’euro negli ultimi 12 mesi, per i timori di un crollo della moneta unica a seguito di un peggioramento della crisi dei debiti sovrani europei, ha senza dubbio fatto un grosso errore. L’euro non solo non è crollato, ma ha anche messo a segno performance di tutto rispetto contro gran parte delle valute più importanti. Ora che le acque sono tranquille, qualche investitore inizia a pensare a una maggiore diversificazione in asset non euro nel caso in cui dovessero tornare le tensioni nell’eurozona.

Secondo Marcello Ferrara, analista del reddito fisso per Consultique Sim, “una diversificazione valutaria del 5-10% del portafoglio obbligazionario rappresenta comunque una sicurezza per gli investitori”. L’esperto ritiene che le valute con il maggior potenziale restano quelle del Nord Europa, ovvero la corona svedese e la corona norvegese. Negli ultimi 12 mesi l’euro ha guadagnato il 2,5% sul franco svizzero, il 5% sul dollaro americano, il 6% sulla sterlina, il 26% sullo yen.

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La moneta unica è andato in difficoltà praticamente solo contro la corona svedese (-2,5%). Anche sul versante dei rendimenti la diversificazione valutaria non ha prodotto grandi risultati. Le emissioni obbligazionarie di quei paesi con giudizio di massima affidabilità creditizia (o quasi), ovvero con rating doppia o tripla A, hanno omai i tassi ridotti al lumicino.

FATTORI CHE INFLUENZANO IL DOLLARO

Per trovare un rendimento degno di nota bisogna andare sui titoli di stato australiani, scadenza ottobre 2015, che offrono uno yield lordo appena superiore al 2,5%. Ma bisogna mettere in conto che negli ultimi due mesi l’euro ha guadagnato più dell’11,5% sulla moneta australiana. I bond governativi di Svezia e Norvegia a tre anni rendono rispettivamente lo 0,9% e l’1,25%, i T-Bill americani a 12 mesi lo 0,17%. Si può raccimolare solo qualche decimo di punto anche con emissioni di enti sovranazionali, come il bond della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (in sterline) che rende meno dello 0,5%.