Per quel che concerne il taglio dei tassi di interesse, la Fed si trova davanti a un ostacolo che non voleva nel suo percorso: ovvero un’inflazione che rimane ancora troppo alta.
Cosa succede al taglio dei tassi
In realtà, va sottolineato, l’inflazione sta accelerando, portando con sé tutta una serie di problematiche che renderanno davvero interessanti i prossimi mesi per l’economia statunitense. È qualcosa che già si era visto nel corso della prima presidenza di Donald Trump.
E che con molta probabilità si ripeterà nei prossimi mesi. Ovvero la difficoltà di far convivere le idee di Donald Trump in materia di economia con le necessità della politica monetaria affinché il sistema regga senza problemi.
Come anticipato sarà difficile continuare con il taglio dei tassi di interesse voluto dal presidente degli Stati Uniti. Gennaio 2025 ha presentato un conto abbastanza salato in tal senso. I prezzi al consumo sono aumentati dello 0,5% rispetto al mese precedente. E per quanto si fosse preparati, le stime prevedevano un rialzo dello 0,4%.
Spostandosi sul dato annuale è stata vista una accelerazione che ha portato il dato al 3% rispetto al 2,9% del mese precedente. Quando in realtà ci si aspettava una sua conferma. Questo ovviamente avrà il suo peso nel percorso del taglio dei tassi. Ci si aspettava uno 0,3% per quel che concerne il dato core e ci si è trovati con uno 0,4%. Con un aumento anche per quel che concerne il dato annuale.
Ovviamente i dati più alti hanno portato non solo gli investitori a scommettere contro un ulteriore taglio dei tassi di interesse ma mettono la Fed nella condizione di rimanere ferma nel suo percorso. Anche fino al prossimo dicembre.
Una mossa che non piacerà a Trump
Inizialmente un ulteriore taglio era previsto per settembre 2025 dopo l’ultimo di dicembre 2024. Donald Trump sicuramente non sarà d’accordo con questo andamento, soprattutto in vista delle potenziali conseguenze scaturenti anche dall’applicazione dei dazi.
Il mercato, va detto, era preparato a una simile ipotesi. E Jerome Powell ha fatto sapere di essere pronto a regolare un po’ la traiettoria per arginare le conseguenze che l’apposizione dei dazi potrebbe comportare. E la ragione è comunque semplice: queste tassazioni spingono in alto l’inflazione.
Cosa significa questo? Potrebbe ritornare una politica monetaria di protezione con ulteriori aumenti dei tassi e non un loro calo. Un approccio che si rende necessario per non indebolire ancora il dollaro e fare in modo che il sistema regga.
Anche e soprattutto agli attacchi derivanti da quella che per Donald Trump è la politica economica necessaria per sostenere i consumi.